Erano le 20,15 di ieri sera (9/1/2025) quando le porte dell’auditorium San Bartolomeo di Eboli si chiudevano dietro le nostre spalle. Pasquale Sessa aveva offerto un resoconto efficace delle iniziative dell’ associazione Vincenzo Scarlato ad un anno dalla sua costituzione. Antonio Manzo aveva fornito un’analisi accurata del ricorso al referendum nella storia della Repubblica, declinando gli effetti possibili di quelli di prossima celebrazione. Vito Pindozzi aveva analizzato con cura le incongruenze del decentramento regionale al cospetto di materie che andrebbero coordinate esclusivamente dallo Stato centrale, sottolineando i rischi che l’ autonomia differenziata può innescare, disgregando il tessuto unitario del Paese. Guglielmo Scarlato aveva descritto i pericoli per lo Stato di diritto che può determinare l’introduzione del premierato forte con un premio di maggioranza iniquo e con un Parlamento eletto con liste bloccate la cui composizione si debba ai capi partito (e in particolare al capo partito che, con il successo elettorale, diventa presidente del consiglio). In sintesi, si paventa il rischio di un governo senza contrappesi, guidato da un premier senza reale controllo parlamentare e posto al centro di una galassia istituzionale che gli diviene acriticamente subalterna. Tutto ciò, senza una previa riforma della legge elettorale che restituisca al cittadino il diritto di scegliersi il deputato e il senatore, cancellando il penoso andazzo che ha visto da più lustri i parlamentari scelti dalle segreterie di partito. S’impone una forte mobilitazione popolare che valga a salvaguardare il giusto equilibrio tra i poteri dello Stato e imponga il ritorno a sistemi elettorali che permettano di eleggere parlamentari ancorati ai territori, cancellando la piaga dei “ nominati “. Al posto dei cortigiani selezionati dalle oligarchie di partito ritornino le autentiche espressioni del voto popolare.