Goodbye mister Eriksson, allenatore gentiluomo. Non dispiacetevi, sorridete piuttosto, e pensate ai momenti belli. Grazie a tutti, giocatori, colleghi, presidenti, tifosi. Prendetevi cura della vostra vita, e vivetela fino in fondo”. Nemmeno una settimana fa Sven Goran Eriksson aveva affidato il suo ultimo saluto ad una docu-serie tv, di prossima uscita, già sapendo che la sua vita si stava spegnendo per colpa di un tumore al pancreas che non gli ha lasciato scampo.
Mister Eriksson se n’è andato a 76 anni
A 76 anni Eriksson, una vita “movimentata” in eterno bilico tra sport e gossip, amore per il bel calcio e amore per le donne, ha affrontato la malattia, scoperta lo scorso gennaio, con la pacatezza di sempre ed esaudendo anche l’ultimo desiderio, quello di condurre per un giorno il club che aveva sempre amato, ma mai allenato, il Liverpool: si sedette sulla panchina e fu standing ovation del mitico Anfield Road.
Ha attraversato tutto il mito del calcio
Il mito del calcio lo aveva attraversato tutto, Eriksson, scoperto dall’Europa dei grandi per la Uefa vinta col Goteborg nell’82, ‘maestro’ svedese di un gioco modernissimo – tutto pressing alto e velocità – col Benfica, e poi approdato al calcio italiano cavalcando gli anni d’oro. Una prima esperienza di tre anni alla Roma, con un Coppa Italia vinta e la macchia della scudetto sfumato col Lecce all’ultima giornata, ma poi dopo la parentesi viola il meglio con la Lazio di Cragnotti e Mancini. Cosi’, nei giorni del dolore, anche l’Italia lo aveva accolto. Sorrisi e abbracci alla Sampdoria, saluti e commozione all’Olimpico, sponda laziale.
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