Guglielmo Scarlato racconta lo scopo dell’associazione Vincenzo Scarlato. In un’intervista rilasciata al giornale L’Ora, a cura di Andrea Bignardi, l’avvocato Guglielmo Scarlato racconta la nascita dell’associazione Vincenzo Scarlato. Sottolineando l’obiettivo che punta a ripristinare la democrazia nei territori eliminando il sistema delle liste bloccate.
“L’associazione ha lo scopo di difendere i valori racchiusi nella Costituzione. Punta a recuperare il senso della democrazia rappresentativa saldata ai territori contro l’odierna, iniqua tendenza a compiacere la gestione cesaristica dei leaders di partito – si legge nella presentazione della realtà che segna il nuovo impegno del già parlamentare dello scudo crociato – Non a caso la nostra prima battaglia comune, già cominciata a partire dallo scorso 8 gennaio, data in cui a Eboli abbiamo ricordato l’impegno civile di Vincenzo Scarlato, sarà contro le liste bloccate previste per le elezioni di Camera e Senato. Approfondiremo anche altri temi propri del dibattito contemporaneo, come le proposte di conversione in senso presidenzialista della Repubblica ovvero i tentativi di introdurre l’autonomia differenziata tra le Regioni italiane”.
E aggiunge. “Analizzeremo, inoltre, i rischi connessi a correzioni ardite dell’impianto costituzionale. Dovremo sforzarci di lavorare insieme per ricreare quel senso di diffusa partecipazione democratica che fu tanto avvertito negli anni della Prima Repubblica. Esso si è smarrito, perché scoraggiato dagli artifici con cui si è resa quasi irrilevante la partecipazione popolare nella selezione della classe dirigente. L’associazione sarà squisitamente culturale e trasversale. A nessuno sarà chiesto di rinunciare alle proprie opinioni alla propria militanza. Il pluralismo e il confronto tra posizioni diverse sarà un fattore di sicuro arricchimento”.
“Fino a quando potrà, l’Associazione non chiederà il versamento di alcuna quota associativa. Il suo successo sarà decretato dalla nostra capacità di proposta, di mobilitazione e di persuasione. Molti di noi hanno dato prova di tenacia lungo itinerari di vita in cui non si sono piegati, non si sono rassegnati e non si sono spenti. Costoro siano le fiaccole capaci di illuminare la lunga strada che siamo chiamati a percorrere insieme. I no-stri ricordi comuni siano lievito con cui fecondare le nostre comuni speranze”.
Onorevole, tra poco meno di tre mesi saremo chiamati al voto per le Elezioni Europee. Saranno, però, contestualmente tante le realtà della provincia chiamate a scegliere il proprio sindaco ed a rinnovare il proprio consiglio comunale. In questi casi specifici, il problema delle liste bloccate non c’è.
“Votiamo per le Europee con le preferenze, per i consigli comunali e quelli regionali con le preferenze. Non riusciamo a farlo per Camera e Senato. Quest’anomalia non ha trovato e non trova alcuna spiegazione né nel dibattito scientifico né in quello politico e resta assolutamente insopportabile. Peraltro, non abbiamo un uninominale secco come negli Stati Uniti o in Gran Bretagna. Il sistema del proporzionale per 5 ottavi di Camera e Senato, peraltro senza possibilità di voto disgiunto, finisce per garantire il controllo delle assemblee parlamentari ai pochi capi-partito che, di fatto, hanno la direzione della politica nazionale”.
Tra gli obiettivi dell’esecutivo c’è anche quello del c.d. “premierato”: imprimere il proprio segno nell’architettura costituzionale dello Stato è una tentazione forte da parte dei leader più forti che, nell’ultimo ventennio, si sono avvicendati alla guida del Paese. La condivide?
“La riforma che prevede l’elezione diretta del Premier prevede che questa sia accompagnata da un premio di maggioranza del 55% dei seggi. Con una legge elettorale a lista bloccata il Parlamento sarà, di fatto, un parlamento perfettamente controllato dal Presidente del Consiglio. Il premier deciderà, infatti, le liste – bloccate -: chi sarà eletto non potrà che essere ossequioso nei confronti del primo ministro. La normale dialettica parlamentare, anche interna alla maggioranza, si trasformerà in un mero applauso accondiscendente del Parlamento verso il premier”.
Deriva autocratica?
“Beninteso, io sono convinto che questo schema di riforma non passerà. E se dovesse esserlo in Parlamento, non lo sarà al momento del referendum confermativo, in seguito al dibattito (acuto) che certamente nascerà nel paese, come accaduto in casi precedenti, e che potrebbe cambiare anche radicalmente lo scenario. E’ una riforma sciagurata: il fatto che non sia preceduta da una legge elettorale che consenta davvero alla cittadinanza di esprimere i propri rappresentanti in Parlamento mi sembra davvero eccessivo. Il giusto ordine dei fattori prevederebbe, in un primo momento, la riforma elettorale e, soltanto successivamente, l’eventuale attuazione di una riforma costituzionale. Non ho pregiudizi rispetto ad interventi riformatori, purché abbiano alla base una ragione logica ed una correttezza scientifica. Quello di cui sono, però, convinto è che prima di ogni riforma costituzionale va corretta profondamente la legge elettorale, lo ribadisco. Questa è la prima cosa da fare”.
Tutto questo è l’esito della transizione al leaderismo della politica, iniziata, con gradualità, sin dagli ultimi anni della Prima Repubblica.
“E’ iniziata trent’anni fa è stata poi marcata a fuoco dal Porcellum nel 2005”.
Anche il Berlusconi dei primi anni, il “leader” per antonomasia, aveva forze come An e Ccd con cui doversi confrontare e dover, spesso, anche mediare.
“Infatti dal 2005 in poi il controllo pieno delle rappresentanze parlamentari ha creato alcune figure che hanno creato attrazione e repulsione nel quadro politico. I frontman sono divenuti, progressivamente, l’elemento che caratterizzava una forza politica, molto più delle proprie ideologie e del proprio pantheon. Oggi conta molto di più il fascino esercitato dal leader”.
Quali le conseguenze di tutto ciò?
“Quello che però è un dato che prevale sulla conversione cesaristica dei partiti è il cambio della figura antropologica del parlamentare. Quelli di oggi non assomigliano per nulla a quelli della Prima Repubblica, che avevano un rapporto quasi ombelicale con la propria circoscrizione di provenienza. Il parlamentare di oggi è, invece, un cortigiano che deve farsi benvolere dal proprio leader. Ciò che conta è la lusinga al capopartito, non certamente la raccolta del consenso nei propri territori di provenienza. Questo spiega anche la transumanza da un collegio all’altro, da una regione all’altra, in occasione delle tornate elettorali. Importa poco dove si è collocati: conta far scattare per quella determinata persona il seggio che spetta a quella lista”.
Anche il terzo mandato è espres-sione del leaderismo imperante?
“Sono d’accordo sulla conservazione del limite di due mandati non solo sul piano del merito -come ho già affermato in precedenti interviste – ma anche su quello politico. Anche il Presidente degli Stati Uniti d’America è eletto due volte: situazione, questa, che fu modificata dopo che Franklin Delano Roosevelt, grande presidente, che ci ha consegnato la liberazione del contesto europeo dalla spirale nazista. Si capì quale fosse il pericolo per la cristallizzazione del potere. Conservare il potere per periodi troppo lunghi altera il normale funzionamento della vita democratica: occorre prendersi una pausa, e io questa cosa la trovo giusta.
Altrimenti rischiamo di avere governatori o sindaci di grandi città per quindici anni, davvero troppo. Nulla toglie la possibilità di riproporre la propria azione politica in un’altra sede e, poi, trascorsi cinque anni, ripresentarsi all’elettorato. In ogni caso, il valore di equilibrio per la democrazia è più importante di quanto non sia il valore di garantire continuità per più di cinque anni di seguito anche ad una gestione particolarmente brillante. Insomma, la vita democratica è più importante dell’efficienza amministrativa”.
In questo contesto si muove l’azione dell’associazione che ha costituito.
“L’associazione si concentrerà sulla battaglia contro le liste bloccate che sarà soltanto la prima; l’obiettivo è quello di mettere insieme persone con idee politiche ben diverse l’una dall’altra, di differente estrazione, per puntare alla salvaguardia dei valori costituzionali. Inoltre vuole essere un modo per far ritrovare nella nostra provincia e non solo, alle persone che si sentono smarrite dalle persone un luogo di dibattito, confronto ed analisi. Ho la sensazione, infatti, che questi siano sempre meno. I partiti non adempiono più a questa funzione: sono concentrati sul controllo delle istituzioni e sulla raccolta di consenso. Per questo motivo questa mi sembra una battaglia meritevole di essere combattuta. Devo dire che quando ho incontrato tanti amici in occasione del ricordo di mio padre ad Eboli ho avvertito questa spinta da tutti loro e non me la sono sentito di rimanere impassibile rispetto alla stessa.
Vediamo, dunque, quale capacità avrà la nostra associazione di coinvolgere e di spingere ad una riflessione seria intorno a questo tema. Ci siamo anche accorti che ci faceva ancora tanto piacere stare insieme, discutere insieme, trovare un modo per dare dignità al nostro scambio di opinioni ed azione. Per questo motivo l’associazione punterà a diventare l’involucro di tante speranze e ricordi. Tanti di noi sono depositari di esperienze belle che non è giusto che siano accantonate quando hanno ancora un valore propulsivo”.