Il Portici giocherà la Serie D nel Regno di Napoli. La storia non si interpreta, si racconta. E oggi, che il calcio risveglia nostalgici neoborbonici e sostenitori sabaudi, lo spostamento del titolo sportivo del Portici richiama alla mente vicende delle quali tutti parlano sui social e che probabilmente nessuno ha letto.
La verità dagli storici, non dalla serie tv Briganti
Però, un passaggio storico è opportuno farlo: i Savoia, che conquistarono il Regno delle Due Sicilie, presero il tesoro dei Borboni come bottino di guerra, non quello del Regno delle Due Sicilie dell’Italia Meridionale. Lo dicono gli storici, non lo stiamo dicendo noi.
E anche l’Unità d’Italia – dicono sempre gli storici – è stata in un certo modo subìta dallo sbarco di Garibaldi a Marsala. E, visto che tutti vanno pazzi per la serie Briganti, la razzia dei lingotti, dell’oro del Sud, non è mai esistita. I personaggi sono reali, la storia no. Non esisteva una mappa, un tesoro sepolto. Vero è che c’era un gruppo di briganti che combatteva le autorità. Tra questi Pietro Monaco il cui nome è reale nella serie Netflix. Però, se nella serie Pietro Monaco viene ucciso dai soldati sabaudi in una grotta mentre prova a difendere l’oro del Sud, nella realtà non solo è l’amante di sua cognata, ma viene ucciso nel sonno alla vigilia di Natale da un suo compagno brigante, che nella serie è rappresentato da Marchetta.
Inoltre la Filomena Pennacchio, tra le protagoniste, nella fiction ha sposato un uomo di Torino, ma nella realtà il fatto è avvenuto 20 anni dopo le vicende cinematografiche, non prima. Sappiamo quindi di deludervi, ma basta informarsi un po’ in rete e andare al di là del successo romanzato di Briganti che è piaciuta a tutti, ma non rappresenta la storia dalla quale prende spunto solo per i personaggi. Ma si sa, la storia deve avere sempre dei cattivi e in tv il binomio amore e morte batte tutto.
Niente oro razziato e niente titolo razziato
Allora, meglio concentrarci sul calcio, visto che altre fantasiose leggende stanno alterando il senso della storia. I Savoia, un secolo e mezzo fa, non hanno razziato il Sud. Lo dicono gli storici. E non sono stati neanche cacciati, perché hanno lasciato l’Italia con il Referendum del 1948.
Neanche hanno razziato un titolo sportivo che di diritto è già di Casa Reale Holding. Un anno fa, infatti, il Portici stava morendo, era alla canna del gas. Noia non voleva saperne e Ragosta voleva portare in tribunale i libri contabili della Asd Portici 1906. C’erano 150mila euro di vecchi debiti da saldare più i costi dell’iscrizione in D da coprire. Un anno fa lasciare la città del Granatello senza calcio non fregava a nessuno.
L’intervento di Casa Reale Holding a Portici
Così, Casa Reale Holding ha portato l’ossigeno a un malato che era più che terminale, che stava con più di un piede nella fossa come direbbero a Napoli. Perché senza l’intervento di Casa Reale Holding, il Portici sarebbe morto un anno fa. Quello di Emanuele Filiberto e Nazario Matachione, non ce ne vogliano i due presidenti, è stato un inutile accanimento terapeutico durato un anno. E che ha inciso sui costi della holding fino a 700mila euro. Adesso verrebbe da chiedersi: quale imprenditore non accetterebbe di modificare il proprio brand, personalizzandolo e modernizzandolo, di fronte a un investimento simile?
Quindi, il cambio del logo (negli ultimi anni lo hanno modificato anche Napoli, Juventus e Inter) appare più che altro un alibi che hanno cercato i tifosi per non seguire la squadra. Non è possibile, infatti, che appena sono scomparsi gli imprenditori che dovevano stare a fianco di Casa Reale Holding, e che erano presenti solo alla presentazione della squadra, sono scomparsi anche i tifosi.
Chi scrive era a Portici in occasione della gara interna contro il Sant’Agata. C’erano solo 3 persone di Portici ad assistere alla partita al San Ciro. Il resto del pubblico era formato da dirigenti, addetti ai lavori e parenti dei calciatori. E pare che negli ultimi anni le cose non siano andate meglio. Almeno secondo quanto riportato nei bilanci del club e nelle dichiarazioni di Pino Iodice, amministratore del Portici.
Titolificio Campania e nessuno si è mai indignato
Spostare un titolo, dopo che in Campania ne hanno fatte di tutti i colori, è diventato un caso solo perché Emanuele Filiberto è presidente del Savoia. Basti ricordare l’Afragolese che va a Casalnuovo, il vecchio Savoia a Giugliano e viceversa e addirittura un titolo della provincia di Napoli al Sapri sono solo gli ultimi esempi eclatanti. Quindi perché c’è questa ingiustificata shit storm nei confronti di Emanuele Filiberto sui social? Forse perché è il proprietario della squadra di Torre Annunziata che da oltre 100 anni porta il nome della sua famiglia. E che quel nome lo ha mantenuto anche nei 57 anni in cui i Savoia non potevano stare in Italia.
Ma sapete dove sono tornati i Savoia appena hanno potuto? A Napoli. E sapete il titolo del Portici dove finirà? A pochissimi chilometri di distanza, nel “Regno di Napoli” e non sarà portato in Piemonte, come il fantasioso oro del Sud della serie Briganti.
Quindi, viva i neoborbonici e i savoiardi che conoscono la storia, viva i difensori di Napoli, città conquistata da una miriade di popolazioni.
Rispetto per l’Italia, non mischiate il calcio con la storia
Non mischiate il calcio con gli eventi storici. Dietro quei fatti ci sono le vittime, il sangue degli italiani e anche le lacrime di Emanuele Filiberto che l’Italia la guardava in tv senza aver fatto nulla, ma solo per il suo cognome. Ora può godersi la terra che ama e la squadra che ha difeso il nome della sua famiglia. Lo farà in serie D nel girone del “Regno delle Due Sicilie”, quello che i tifosi del Portici hanno voluto snobbare dietro motivazioni pseudostoriche, come la presenza della straordinaria Reggia Borbonica per ripudiare lo scudo crociato. Ma il pallone è un’altra cosa e il Portici ha avuto un anno in più di vita grazie alla Casa Reale. E nonostante tutto pare che Casa Reale Holding voglia mettere a disposizione un titolo per chi intende fare calcio a Portici.
Liti solo sui social
Mentre a Portici lo criticano, Emanuele Filiberto va a cena a Montecarlo con Carlo di Borbone. L’erede della dinastia francese era al funerale del papà Vittorio Emanuele. Ma la nobiltà è una cosa… i social un’altra.