RAPPRESENTANZA E DISSENSO (a cura di Guglielmo Scarlato). Calenda, promuovendo in modo rabbioso la fiaccolata sull’ inquietante scomparsa di Navalny, è uscito dal cono d’ ombra che lo copriva da un po’ di tempo. Anche Salvini, manifestando insolita prudenza, aspetta, per pronunciarsi sulle cause del decesso del dissidente, le indagini di giudici e medici russi. L’Unione Europea bacchetta Salvini, rammentandogli la sottoscrizione di un documento comune da parte di tutti e 27 i membri dell’Unione stessa.
La Meloni, intanto, resta sulle posizioni di fedeltà atlantica e rigore europeista che le sono imposte dalla posizione di vertice dell’Esecutivo. Travaglio, direttore del Fatto Quotidiano, house organ del Movimento Cinque Stelle, nel frattempo si avventura in un’acrobatica assimilazione tra il caso Navalny e il caso Assange.
Lancia un’intemerata contro l’apparato politico- militare americano reo, a suo dire, di ricorrere a metodi non dissimili da quelli putiniani, godendo, per questo, dell’indulgenza compiacente di una stampa occidentale addomesticata. In Italia e in tutto l’occidente esiste una fetta di opinione pubblica, che corrisponde ad una fetta di elettorato, che non ama gli Stati Uniti. Ne disprezza la cultura (che ha mescolato e fuso le diverse culture accolte nella “Terra delle opportunità”). Ne disprezza i valori, che ritiene imperniati su di un relativismo etico che considera a volte ipocrita, a volte permissivo. E ne disprezza le iniziative da gendarme del mondo che ritiene espressione di una vocazione imperialista. Questa stessa fetta di opinione pubblica ammira la retorica conservatrice e nazionalista di Putin e resta attratta dalla mitologia dell’uomo forte che egli interpreta da attore consumato.
Il tradizionalismo italiano nazionalista e conservatore vellicato da Salvini per tesaurizzarne gli effetti ai fini del voto per le Europee. L’ ostilità contro la paventata vocazione imperialista americana blandita dal Movimento Cinque Stelle per incassarne il profitto elettorale. Ancora una volta si fa disinvolta comunicazione in politica estera per incassarne i vantaggi nel teatro interno.
Un tempo le posizioni dei partiti sullo scacchiere internazionale erano assai rigide. La flessibilità sulle linee di fondo richiedeva congressi e dibattiti teorici di grande profondità. Berlinguer, per esempio, scrisse tre saggi su Rinascita (la Rivista teorica del PCI) per convincere il suo partito sulla necessità dell’ombrello protettivo della NATO. E sul passaggio alla strategia del compromesso storico. Oggi il cesarismo permette tutto e i capipartito volteggiano da una posizione all’ altra senz’alcun approfondimento e con leggiadra disinvoltura. E ciò senza che nessuno, all’interno del Parlamento, si dissoci. Ancora una volta la Camera e il Senato dei nominati abdicano dalla loro funzione costituzionale.
Non v’è rappresentanza e non v’è controllo vero sull’Esecutivo. Il dissenso non emerge. Battersi contro le liste bloccate serve anche a questo: a ritrovare le voci stonate, la libertà di pensiero, il coraggio di rompere gli schemi e sconfiggere l’ortodossia.
Ringraziamo l’avvocato Guglielmo Scarlato per aver condiviso con BNItalia.it RAPPRESENTANZA E DISSENSO il suo parere in questa battaglia contro le liste bloccate e a favore della vera democrazia.