Terzo mandato, autonomia differenziata e liste bloccate, il commento di Guglielmo Scarlato. In un’intervista a L’Ora, l’avvocato ed ex parlamentare Guglielmo Scarlato, ha spiegato la sua posizione in merito ai nodi principali che in questo momento attanagliano le leggi politiche della nazione.
Su terzo mandato, autonomia e liste, Scarlato spiega la sua posizione. Per quanto riguarda il terzo mandato, l’avvocato commenta. “C’è una disputa dottrinaria in corso. Sul tema hanno scritto diversi giuristi, tutti con opinioni differenti. In molti si chiedono se la legge del 2004 sia a valore cogente, ovvero impegni le regioni, fissando il divieto del terzo mandato, oppure se questa abbia un valore di mera raccomandazione per gli enti regionali. Questo darebbe ragione, tendenzialmente, a De Luca visto il mancato recepimento della legge.
La Regione Campania non ha recepito la legge nazionale; dunque in caso di prevalenza della seconda ipotesi il governatore avrebbe ragione. Non esiste una verità inviolata e questo, nel caso in cui valesse la prima ipotesi, farebbe correre il rischio di ricorsi alla giustizia ordinaria, oppure amministrativa e perfino rischi e controversie in merito all’attribuzione dei poteri dello stato. E, quindi, anche con il rischio di vedere inammissibile la propria candidatura”.
Così, sempre nell’intervista a L’Ora, Guglielmo Scarlato sottolinea. “La mia opinione è che la legge nazionale sia cogente: è la stessa opinione che ha espresso il presidente emerito della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick. La legge in questione, la 165 del 2 Luglio 2004, contiene una serie di previsioni che sono relative alle modalità di organizzazione delle Regioni. Il modo in cui sono strutturate queste formule organizzative a me sembra tale da non poter essere definito una mera raccomandazione. Il testo normativo è strutturato, infatti, in modo tale da spiegare alle regioni come disciplinare il sistema delle elezioni del Presidente della Giunta.
La previsione non si apre al confronto: lo Stato dice alle Regioni di doversi comportare in un certo modo. Se una regione non dovesse seguire queste disposizioni, finirebbe per far saltare il sistema di gerarchia delle fonti. L’ente regionale inadempiente rischierebbe, infatti, di avere una potenzialità di manovra maggiore rispetto a quanto previsto dal dettato normativo. Ma c’è, poi, chi supporta l’ipotesi opposta, a cui si potrebbe opporre una ulteriore controdeduzione: poichè la legge che introduce il divieto di terzo mandato è una legge quadro, ci sono state decisioni della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione, secondo le quali i principi delle leggi quadro non dovrebbero essere applicati direttamente, in quanto aspecifici.
Questi integrerebbero l’obbligo per le Regioni di inserirli al loro interno. Ma se il contenuto è assimilabile a quello di una legge quadro, allora è talmente specifico da essere cogente. Rispetto a ciò resto scettico che la definizione di legge quadro possa essere invalidante rispetto ad un principio sancito nella legge nazionale. Ma sono aperto ad ogni dibattito, e reputo che in campi come questo non si possa avere il monopolio della verità”.
La questione sul terzo mandato è di carattere nazionale. “Abbiamo un sistema di gerarchia delle fonti: se lo facciamo saltare dando una valenza soltanto simbolica o di raccomandazione ad una legge dello Stato, introducendo addirittura un meccanismo premiante per quella regione che viola le disposizioni, si va a mettere in discussione proprio le fondamenta dell’ordinamento. La mia interpretazione è questa: poi si dirà che non si andrà in contrasto con l’autonomia differenziata… Premesso che questa non esiste ancora in riferimento a tutte le Regioni, ad eccezione di quelle a Statuto Speciale. Se il legislatore vorrà prevedere che i presidenti delle Regioni possano avere un terzo o un quarto mandato dovrà farlo dal livello centrale, contemplando l’ipotesi in una legge di rango nazionale, così come per l’autonomia differenziata. Lo Stato può fare tutto e trasformare tutte le regioni in regioni a statuto speciale. Non l’ha fatto e non credo voglia farlo”.
Si parla, quindi, dell’Autonomia Differenziata, sulla quale Guglielmo Scarlato fa chiarezza anche da un punto di vista giuridico. “Sono contrario alla disciplina sull’autonomia differenziata, ma soprattutto ho la consapevolezza che la legge in itinere rimarrà per larghi tratti – e per molto tempo – inattuata. Il raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni è un obiettivo ambizioso per molte realtà italiane, e il testo normativo affermerebbe un principio nei fatti irraggiungibile da molte realtà del nostro paese.
Mi sembra una filosofia della gestione complessiva dello stato unitario, quella basata sul criterio dell’efficienza, assolutamente bizzarra e pericolosa. Rischia di scaturire un conflitto. Uno stato unitario che vuole conservare una polifonia di voci non può permettersi di alimentarle. La Corte Costituzionale, che ha già un arretrato capiente, rischierebbe di essere ancor più inondata di richieste che difficilmente potrebbero avere risposta in tempi rapidi. L’autonomia è frutto di un compromesso politico che serve alla bandiera della Lega ma che non produce nulla di efficiente per i territori, nemmeno per quelli che sono stati tanto efficienti da poter contemplare la possibilità di applicazione dell’autonomia stessa”.
L’avvocato Guglielmo Scarlato sottolinea come un ruolo preponderante dello Stato in alcuni casi sia più che opportuno. “Sono molto deluso dall’esperienza regionale nel suo complesso, ed inviterei tutti a fare una riflessione profonda sulla conservazione del sistema attuale. L’esperienza del Covid, tra l’altro, ha dimostrato che, forse, invece, avere una guida unitaria soprattutto in momenti di emergenza è più opportuno. La spesa pubblica più rilevante per le Regioni è quella per la salute: è la sanità che assorbe buona parte del budget regionale.
Per prima cosa non comprendo perché non debba essere gestita in modo unitario, dato che non abbiamo in alcune aree malattie endemiche. Peraltro, non capisco la ragione per cui un cittadino campano possa andare a curarsi in Lombardia (e viceversa), con un’uscita monetaria per la Regione di provenienza con questo sistema. Ciò significa che c’è un interscambio dovuto ad un nomadismo sanitario, che è un’ulteriore palla al piede per le Regioni che sono giudicate, forse a torto, meno virtuose. Sono trascorsi dal 1970 ad oggi 54 anni: forse una riflessione sulle effettive funzionalità di questo sistema andrebbe fatta. Ed è, probabilmente, proprio sulla sanità che la regionalizzazione ha evidenziato i suoi effetti maggiori”.
Motivi che impongono una riflessione quelli su terzo mandato e autonomia portati avanti dall’avvocato Scarlato. Ma ce ne sono altri. Uno sul quale da tempo si discute proprio grazie all’avvocato Scarlato che nella vicenda sta mettendo in campo anche la sua esperienza da parlamentare. “Un altro dei motivi per il quale è necessario fare una riflessione sul sistema è proprio dato dalla situazione delle liste bloccate, che ha partorito una rappresentanza parlamentare del tutto disancorata dai territori. Il capopartito cerca, così, di ottenere una posizione sicura e la ottiene proprio con questo sistema, da cui riceve benefici più di colui che gira per il territorio e ne porta le sue esigenze nelle sedi romane.
Una figura, questa, che riaccenderebbe la partecipazione politica nelle persone, incrementando l’interesse della popolazione al voto. Se la rappresentanza popolare fosse maggiormente qualificata in tal senso, potremmo avere un Parlamento più forte, e, peraltro, rappresentativo di una pluralità di territori. Altrimenti, come del resto è accaduto nel recente passato e continua, purtroppo, ad accadere, il parlamentare eletto dal popolo diverrebbe una figura evanescente. Avendo ridotto di un terzo il numero dei parlamentari la rappresentanza è ormai nelle mani di alcune persone. Avrebbe senso porsi ben più di qualche domanda su questo tema. Altrimenti tutto rischia di essere funzionale soltanto ad una comunicazione efficace ed ammiccante per l’interesse popolare che, nei fatti, rende, però, il sistema meno produttivo e, dunque, di conseguenza, anche meno solido”.
Insomma, una posizione ben definita su terzo mandato, autonomia e liste bloccate quella di Guglielmo Scarlato.