Un messaggio forte, crudo e intriso di dolore è comparso sul Belvedere di San Gennaro a Pozzuoli, il luogo dove la giovane 26enne Gaia Caputo ha tragicamente perso la vita, vittima brutale della violenza del suo ex compagno nella notte di sabato. Un cartello artigianale recita con rabbia contenuta: “Vietato fa l’omm e merd”.
Lo slogan, diretto e inequivocabile nel suo dialetto napoletano, è un monito potente contro la vigliaccheria e la violenza maschile, un grido di indignazione che si leva nel punto esatto dove una giovane vita è stata spezzata. A rafforzare il messaggio di forza e autodeterminazione femminile, il cartello è accompagnato da un verso intenso della canzone “Sò figlia d’a tempesta e nun me ponn ncatenà” di Nina Simone, un inno alla libertà e all’indomabilità dello spirito.
Come riporta Cronaca Flegrea, gli autori di questa significativa iniziativa hanno scelto di rimanere anonimi. Tuttavia, la loro identità non è del tutto sconosciuta: si tratta dello stesso gruppo che, nel 2022, aveva riempito Pozzuoli di cartelli con frasi romantiche, invitando le coppie a scambiarsi baci nei luoghi più suggestivi della città, incluso lo stesso Belvedere di San Gennaro. Un contrasto stridente che sottolinea come lo stesso luogo, un tempo simbolo di amore e bellezza, sia ora teatro di un dolore incommensurabile e di una ferita profonda nella comunità.
L’installazione di questo cartello è una reazione spontanea e potente alla tragica morte di Gaia, un modo per trasformare il dolore in un messaggio di condanna della violenza di genere e di sostegno alla forza delle donne. La scelta delle parole, così dirette e viscerali, esprime la rabbia e la frustrazione di fronte a un femminicidio che ha scosso profondamente la comunità locale e l’intero paese.
Il verso di Nina Simone aggiunge un ulteriore livello di significato, trasformando il luogo del dolore in un simbolo di resilienza e di rifiuto di ogni forma di oppressione. Gaia, attraverso queste parole, diventa un’icona di forza, una “figlia della tempesta” che non può essere incatenata, nemmeno dalla violenza più cieca.
Questo gesto anonimo ma eloquente dimostra come la comunità si stia stringendo attorno al dolore per Gaia, trasformando la tragedia in un’occasione per riflettere sulla piaga della violenza di genere e per ribadire con forza un messaggio di condanna e di speranza in un futuro libero dalla violenza. Il Belvedere di San Gennaro, da oggi, porta su di sé non solo il peso di una perdita incolmabile, ma anche la testimonianza di una comunità che non intende rimanere in silenzio di fronte alla brutalità, scegliendo la forza delle parole e dell’arte per onorare la memoria di Gaia e per lanciare un grido di “mai più”.